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Storie antiche, quanto l’Africa – l’antologia di Nelson Mandela

Ogni mondo è paese ed i bimbi da quando questo mondo è tale si crescono con le fiabe. Quelle storie che illustrano, intessono un esempio di immagini e parole e fanno sì che i più piccini siano forgiati da quel racconto nei loro valori, nella loro azione, insomma, nella loro vita. Così accade anche in Africa, con bellissime storie di cui gli animali sono protagonisti accanto agli uomini e che il premio Nobel per la Pace, Nelson Mandela, ha raccolto in Le mie fiabe africane.

Come i aedi e i rampsodi greci, i cantastorie africani ricalcano quell’eternità che riesce a vivere nelle leggenadarie fiabe che col trascorrere del tempo si arricchiscono di nuovi colori o perdono qualche orpello. Volano, di bocca in bocca, di tribù in tribù, allevano nuove generazioni, allietano l’intrattenimento di nuovi uditori, che apprendono da un regno animale che, continuamente, interagisce, con il mondo umano, scabiandosi lezioni di vita. C’è la lepre piccola canaglia, c’è lo sciacallo, nel ruolo dell’imbroglione, ed ancora, ad esempio, la fragile iena e il leone nobile sovrano. Il serpente ha un valore taumaturgico, infonde paura nel potere di provocare magie o sventure. Ci sono, però, anche le mamme intrappolate in un egoistico gioco d’amore con i figli, bambini che desiderano sorelline a tutti i costi da trovarne sotto una pianta, la principessa delle nuvole pronta a rinunciare al suo regno per amore del suo principe.

Antonia De Francesco con “Le mie fiabe africane”

C’è di tutto nelle storie africane: i nobili componenti di un regno come nelle più celebri storie WaltDisney o dei fratelli Andersen; ma, ciò che più è strabiliante, è ritrovare, tra le pieghe, i ritmi, gli espedienti, delle favole di Esopo o di Fedro, con morali più o meno simile. Sì perchè, nonostante la differenza che intercorre tra fiabe e favole, tra l’intento morale esplicito dell’una e di puro intrattenimento dell’altra, in realtà quelle raccolte da Nelson Mandela sono molto di più di uno scrigno per custodire la tradizione orale delle tribù africane.


“La Madre di Tutti i Figli sapeva che essi non si curavano della terra. Scavavano buche in cerca di metalli preziosi e lasciavano le ferite aperte e sanguinanti. Mentre errava per la terra, era questo il canto che cantava. Lo cantava in piccole strofe, talvolta ad alta voce, talvolta più silenziosamente.

Sono storie antiche, quanto l’Africa – come lo stesso Mandela ha detto commentando la sua raccolta antologica, nella quale si apre, sullo sfondo, il caledoscopico mondo di tinte africane, dal caldo sole giallo, all’azzurro dell’infinto cielo. Sono storie dalle quali emergono, chiaramente, dei luoghi della moralità uguali a tutti gli abitanti della Terra e del Mare, in particolare con l’ultima storia, originaria del Malawi, dal titolo La madre che divenne polvere.

Voi mi dissodate e mi rivoltate

per mietere le vostre brame

fino a lasciarmi nuda, ferita.

Siccità rovinose mi devastano,

piogge torrenziali mi lacerano le carni

così che chiunque passa mi deride

e sputa su di me…

E io sopporto tutto.

Io, la Madre nata per dare,

nulla tengo per me.

Io nutro il mondo e i miei figli stanno a guardare

mentre per mano loro giaccio avvellenata.

Poichè le orecchie dei suoi figli non erano in armonia con la musica della Terra, essi non badavano a quel che lei cantava”.

Le storie non hanno fretta: hanno il loro tempo, i loro tempi e la loro eternità, scrivevo io stessa nel mio primo romanzo Nelle Pagine di Sofia e basta a dire tutto. A dire perchè nascono romanzi come il mio primo o come il mio secondo, L’Animologo, che innerva ancora il bisogno di raccontarsi, perchè dal cuore del mondo, dall’Africa, così come da ogni altro angolo pulsa lo stesso istinto, la stessa tradizione. Tutti i Figli della Terra sono uguali, tutti i Figli della Terra crescono con le fiabe.

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