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Da Plautilla Briccia a Melania Mazzucco, “L’Architettrice” e la memoria delle donne

Donne che ripartono dalle donne. Ancora stigmi e “tutele” da superare, benchè di debole – e lo dimostriamo da tempo – il “gentil sesso” non abbia praticamente nulla. Anzi. Melania Mazzucco – e non è la prima volta, basti pensare a Lei così amata – riparte da qui con il suo ultimo romanzo L’Architettrice ( Einaudi, 2019).

Melania Mazzucco e Plautilla Briccia – protagonista del romanzo, prima architetto donna vissuta nel seicento – si sono incontrate per puro caso, ma le coincidenze alle volte dettano semplicemente volontà che vengono da molto lontano. Ci sono voluti centinaia di anni, quindi, prima che una scrittrice romana si lanciasse alla scoperta dell’ “architettrice” che ha realizzato quella villa nella Capitale che in tantissimi conoscono come il “Vascello” e che in pochi sanno essere stata non solo la costruzione di un edificio, ma la realizzazione di una donna. Plautilla.

L’ultimo romanzo della Mazzucco corre così su un doppio binario narrativo: la “nascita” di Plautilla, così come lei la consegna finalmente alla memoria collettiva, e la “distruzione” – con un salto temporale di circa duecento anni affidato a degli Intermezzi – di quello che è stato il primo edificio progettato da una “architettrice”.

Plautilla è una di quelle antenate che appartiene a tutto il genere femminile contemporaneo. Una pioniera di un certo libero arbitrio, inteso – in quanto in fase embrionale – come la capacità di assecondare anche le volontà altrui, le circostanze e farne la propria vita proiettata alla realizzazione di una dimensione “altra”. Tra le zitelle da “collocare” e le donne votate alla vita religiosa, Plautilla è la terza strada, resa possibile dal rispetto – celato d’indifferenza- della madre e da quel “dente di balena” che suo padre le regala non solo fisicamente, ma ancor più emblematicamente nella possibilità di concepire e voler scoprire il mondo oltre i confini, i limiti visibili.

Antonia De Francesco con “L’Architettrice”

Il padre le fa dono della curiosità e della sua conoscenza. Il Briccio – pittore e teatrante non particolarmente fortunato – fa della figlia la sua opera più compiuta; quel personaggio femminile che non aveva mai osato incarnare.

Quando ha dovuto rinunciare a se stesso, ha fabbricato me. A volte penso che volesse fare di Plautilla Briccia uno dei suoi innumerevoli alter ego. Nella sua vita di eternomi, era stato tutto ma mai una donna”.

Plautilla impara l’arte, dipinge e acquisisce nozioni in diverse materie. Ama e si lascia amare, benchè il suo spirito si consumi nel desiderio di bastare a se stessa e alle sue aspirazioni. Fino a quando – tra le disavventure di una vita famigliare al confine fra i “comodi” e i “poveri” – arriva ad essere ammessa all’Accademia di San Luca per studiare architettura.

“Benvenuta nel nobile cenacolo dell’Accademia di San Luca, signora Briccia”

E’ nella mente del fratello Basilio che si accende una lampadina:


“Finiamola coi quadri, cominciò a dirmi. La pecorile stoltezza del pubblico fa si che oggi chiunque possa dipingerne ujno. Non significano più niente.l Sono tutti uguali – vuoti, predicatori e inutili. Invece costruire un palazzo, una chiesa, un oratorio, significa cambiare il volto di una città e appartenere ad essa. Per sempre. Noi stiamo sparendo, Plautilla”.

Quel profilo curato da Plautilla distrutto dalle cannonate non ha preservato – per molto tempo – Plautilla dalla dimenticanza, eppure Basilio non aveva tutti i torti: il segno – con se stessa ed il suo edificio – lei l’aveva lasciato, e poi è finalmente arrivata la Mazzucco a raccontarla.

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