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Ilaria Proietti Mercuri: “Sporcatevi di tante storie” che salvano l’anima

Non le è mai stato vietato di saltare nelle pozzanghere, anzi i genitori hanno fatto in modo di farle calzare, sempre, gli stivali giusti per farlo: nasce così lo spirito d’avventura e l’amore per la conoscenza dell’autrice Ilaria Proietti Mercuri che ha firmato il suo esordio letterario con “Sporcatevi di tante storie”.

Giornalista e viaggiatrice per una sorta di bisogno vitale, l’epidemia mondiale da Covid-19 – che ha chiuso anche lei fisicamente in casa – l’ha consegnata all’opportunità di recuperare dai suoi ricordi e appunti di viaggio, alcune delle storie conosciute qua e là nel mondo negli anni pre-pandemici.

L’atmosfera che ha accolto la nascita di questo libro si inquadra nella convinzione della Proietti Mercuri che sfidando costantemente i presupposti limiti della conoscenza e mischiando le prospettive personali con quelle dell’altro si riempie la propria esistenza di parole, storie inconiche – e, quindi, “lezioni”. Tutto quello che ha voluto restituire raccogliendo otto avventure nella copertina disegnata per lei da Federica, in arte InBuonaFede.

Le storie più belle io le ho scoperte viaggiando. Ma soprattutto, viaggiando, ho imparato che non serve parlare la stessa lingua se poi il tramonto che vediamo è lo stesso. Ho capito che per stare bene bisogna conoscere, perchè a non fare nulla, si rischia di sentirsi nulla.

La libertà di cui disponiamo è un acceleratore di questa possibilità di vivere. Così parte e riparte per anni, prima con la famiglia, poi da sola. Scegliendo mete o, alle volte, solo aerei alla ricerca di risposte, emozioni, ma non necessariamente luoghi precisi. Ha vissuto così la Germania, l’Africa, l’America, ma più di tutto persone, sconosciuti diventati suoi amici, che le hanno lasciato in eredità le loro vite, a volte sussurandole o confidandole passati che, in questo libro, ha deciso di condividere affinchè possano diventare parte del bagaglio percettivo ed esperenziale dei suoi lettori.

Dall’Egitto racconta di Israa , la ragazza con il velo e dalla voglia di vino, e del suo amico Mohamed – in Italia per tutti Mido – che nei giorni in quel Paese l’ha guidata tra preoccupazione e voglia di farle conoscere una realtà molto distante dalla sua.

Poi c’è il suo personale “mal d’Africa” quel senso di impotenza che ti accompagna vivendo e lasciando un posto in cui c’è bisogno di tutto e si finisce col sentirsi una goccia nel mare, soprattutto al conspetto dei bambini.

C’era da fare tutto e niente. Tutto perchè è un continente intero da salvare. Niente perchè qualunque cosa fai ti senti di un’impotenza pazzesca.

Il muro di Berlino nei suoi ricordi – nei trent’anni di esistenza – è stato abbattutto centinaia di volte dall’amore di Herbert; a Miami, per lei, c’è Eby, che ha pagato il conto di difendere se stessa dalla violenza della realtà, perdendo sua figlia, ma non il desiderio d’amore verso il prossimo.

Da Cuba si è portata il senso di non aver niente ed essere felici; dall’America, la “bioluminescenza” (un fenomeno chimico per cui alcuni organismi viventi emettono luce, ndr) che le ha mostrato il francese Manu dopo nove ore di auto insieme.

Ogni tanto, ancora adesso, quando ci scriviamo Manu mi chiede: « Mi mandi la foto della scuola delle scarpe?» . E dopo avergliela mandata mi risponde con: «Brava! Mi sembrano belle consumate. Vuol dire che da qualche parte stai andando, spero oltre».

Da Sosùa (piccolo villaggio sul mare nel nord della Repubblica Domenicana, ndr) il vagabondare di Giomar alla ricerca di se stesso. Sulla scalette di Trastevere, nella sua Roma, l’incontro con Mehemet, Alì e Sayid le hanno figurato gli orrori della guerra e della morte di chi ami nei bombardamenti libici.

Questo libro è nato così: scoppiato come la pademia da Coronavirus.

Oso dire che questo libro probabilmente sarebbe nato comunque. Forse un po’ più tardi se l’emergenza sanitaria non avesse costretto Ilaria Proietti Mercuri a scendere dalla “giostra del mondo”. Ma sarebbe nato perchè forte e palpabile ad ogni pagina è l’urgenza dell’autrice di ridare ciò che ha imparato, di mostrare – non luoghi – ma gente, le loro storie ed ottenere così la diffusione non tanto di ciò che hanno catturato i suoi occhi, ma le sue orecchie. E con questo curare l’anima del mondo.

Perchè proprio le storie come cura per l’anima? Perchè conoscere smuove le coscienze. Scoprire vuole dire superare le frontiere, anche quelle della mente. Viaggiare è cambiare opinioni e cancellare i pregiudizi. E’ una scuola di umiltà. E’ imparare a non giudicare un costume, una religione. Perchè quella ragazza porta il velo? Ma avete mai provato a chiederglielo?

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