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“Parlami!”: il pubblico chiede, il teatro offre, “l’ascolto” dello spettacolo dell’associazione “HameLis”

“Parlami!”: chiesto, fatto. Ed ora?

Il titolo della drammaturgia originale “Parlami”– scritta da Katia Macelloni e Angelo De Clemente per lo spettacolo teatrale portato in scena dagli attori e le attrici dell’associazione culturale “HameLis” – è diventato un invito che il pubblico ha rivolto al cast. Una esortazione, che il sorprendente gruppo in scena – tra profondità e ilarità – ha accolto in pieno, parlando al pubblico con uno spettacolo che tra fonemi (suoni) e semi (segni) – ovvero usando il linguaggio verbale e la LIS – ha ricordato al pubblico quanto sia importante “ascoltare” tutto ciò che nella vita è in grado di parlarci.

Che sia il mondo che ci circonda, l’espressione di un volto, un ricordo, una canzone o come in questo copione una “scatola” accompagnata dalla canzone “Parlami d’amore Mariù” messa in onda dalla “Radio dei Ricordi”, tutto – per chi ha orecchie e cuore per ascoltare – ci parla.

Ci parla di chi siamo e di chi eravamo, ci parla per dettarci una direzione da seguire, ci parla per richiamarci al caos emotivo che è ordine naturalmente umano della vita.

E lo spettacolo ha “parlato” dicendo tutto questo ed altro ancora.

Sottolineando come l’amore sia il motore più potente che apre “scatole” che credevano serrate per sempre dal tempo e dallo spazio, che riavvicina posizioni che sembravano irriducibili, lontananze che sembravano chilometriche e materialismi che finiscono col prendere il sopravvento, ma sono solo questioni di principio in cui il prevale l’ego, la ragione presunta, sicuramente non il sentimento più puro.

Che cos’è un’eredità se non è condivisa? Cos’è un’eredità che trascende i veri insegnamenti lasciati dagli esempi che ci hanno preceduto? Sebbene fosse solo una scatolta, sarebbe solo una “scatola” vuota, a cui solo il ricongiungimento con i legami più autentici potrebbe far scattare la serratura e riempirla.

“Parlami!” al Piccolo Teatro Iqbal Masih di Formia (Lt) – con il patrocinio del Comune di Formia e la collaborazione Anspi Sud Pontino – Don Bosco Formia e AIDP Sud Pontino, nonché tante attività del territorio che hanno offerto a titolo gratuito la loro partecipazione alla riuscita dell’evento – già solo andando in scena ha pronunciato un messaggio fortissimo in direzione di una inclusione praticata, che si basa proprio sulla capacità di “ascoltare” le esigenze “pronunciate” dai molti al fine di cancellare le limitazioni e creare opzioni, scelte e possibilità.

Così sul palcoscenico è venuto fuori uno spettacolo che ha regalato una pagina di “poesia”: un concetto di “fare” che si apre ad essere l‘arte di creare attraverso la parola. Un grande intento, centrato, di irrompere nella realtà di una società persa tra le chiacchiere, nel sentire senza ascoltare, nel rincorrere sincopatamente apparenze senza sostanza, nello scrivere tanto per, a volte, non dire niente oppure arrivare a non sapere nominare le emozioni.

Quelli che si aggirano nella società contemporanea sono individui dai vocabolari rivoluzionati al ribasso, vocabolari poveri, che lasciano presupporre vite altrettanto depauperate. Da chi ci siamo fatti prendere le parole? Da chi ci siamo fatti derubare di questa immensa ricchezza? Dai falsi miti, dall’evoluzione senza progresso, dalle promesse senza impegno? Da cosa? Da una travisamento del “carpe diem” che spezza lungimiranza e azione?

Ecco perché è stato dirompente vedere e ascoltare questi attori rimettere al centro la necessità di scegliere con cura le parole, come atto dovuto nei confronti di se stessi e di chi sta di fronte o accanto a noi; nei confronti della vita che merita di saper essere raccontata a se stessi e agli altri e con la tenerezza di sapere che le parole danno forma al mondo, lo costruiscono con la forza di nuovi pensieri per cui necessitano nuove parole, rendendone desuete altre. Rimettere al centro la voglia di ascoltare e mettersi in discussione alla scoperta di se stessi e degli altri.

La parola – scritta e orale – è un privilegio del linguaggio umano; è un potere immenso che plasma e cambia il mondo e pochi oggi ne ricordano l’importanza usandole a vanvera e allora “Parlami!” dovrebbe essere chiaramente molto più del titolo di questo spettacolo, dovrebbe essere la preghiera laica rivolta all’altro, la preghiera laica rivolta a noi se stessi, per ricominciare a disegnare una società migliore.

Il successo di questo spettacolo è la trasformazione metaforica dell’iniziale “Parlami” in “Parliamoci”.

Facciamolo.

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