Beautiful Chronicles

L’Immigrazione di pace: Felix Adado coltiva il sogno che l’Africa non ha bruciato[VIDEO]

In Africa, essere figlio di un professore significa poter indossare dei sandali, ma essere figlio del professore Monsieur Dossowi significa anche non potersi addormentare prima di lui nonostante tu sia un bambino costretto ad alzarti alle 4.30 del mattino per servirlo tutto il giorno. Sei il primo figlio maschio e sei di sua proprietà. Come sua moglie.

Inizia così la storia di Felix Adado, nella sua terra natia, il Togo, dove quartantadue anni fa è venuto alla luce in un clima dittatoriale che condizionava il suo Paese e la sua gente. Non ultimo suo padre.

Un padre estremamente rispettato in città, tanto che – come da codice della cultura africana – nessuno osava chiamarlo col suo nome vero – solo Monsieur Dossowi- e da vedersi affidare l’educazione dei figli di parenti e concittadini, ma violento nei suoi confronti, verbalmente e fisicamente.

Voleva che gli somigliasse, che fosse il suo orgoglio, la sua dislessia – allora non diagnosticata – , invece, glielo faceva sentire imperfetto e lo allontanava dal suo disegno, fino a non considerarlo suo figlio. Fino a volerne la morte. Se l’umiltà è l’arte degli innocenti io la possedevo come unica possibilità di salvezza– dice Felix Adado.

E’ in questo dolore, che negli anni ha assunto tante forme – tra cui due tentativi di suicidio a 11 e 19 anni – , che Felix Adado ha maturato le sue fughe: quelle mentali, quelle fisiche e in ultimo quella in Europa, col suo arrivo in Italia nel 2005.

Felix Adado

Lui è arrivato a bordo di un aereo – per il quale con grande difficoltà ha raccolto tutto il denaro necessario – allo scalo di Fiumicino. Sarebbe dovuto ripartire per la Svizzera, ma il furto dei documenti lo ha costretto a rimanere a Roma.

Più precisamente a dormire per molti mesi alla stazione Termini e a vivere di espedienti, fino a che, la sua domanda di “Asilo politico” non è stata accolta.

Nella navata degli ultimi mi sentivo forte come un santo, con uno sguardo fisso verso il futuro E tenendo a mente quel futuro ne ha fatta di strada: ha imparato velocemente la lingua italiana, aspetto fondamentale in un processo di integrazione; ha lavorato come interprete e mediatore per il Ministero degli Interni; è un counselor professionista, un appassionato di poesia che arriva a pubblicare diverse sillogi poetiche.

Ed è “poesia” anche quella che torna seppur nelle pagine di un’autobiografia – breve, ma intensa – dal titolo Il mio creatore non ragiona (Palombi Editore, 2021).

Adado in questo testo chiude il cerchio con il suo passato per liberarsi completamente dal male che invitabilmente gli ha fatto cumulare nel suo animo e benedire un equilibrio che gli consentirà di intraprendere un nuovo cammino, quello alla guida dell’associazione e del progetto la “Fattoria della pace”.

La pace va coltivata – afferma Adado, cogliendo l’urgenza di inaugurare un percorso di rivoluzione culturale che in prima battuta riconosca che la convivenza e l’integrazione tra popoli – ma così come tra tutte le forme di gruppo – è questione complessa, perchè legata all’equilibrio fisico, mentale e spirtuale di ognuno e poi di un’intera collettività.

Sente, però, che è indispensabile cominciare da qualche parte prima che sia troppo tardi – l‘equilibrio si trova camminando, alternando il piede destro a quello sinistro e viceversaprima che ci sfugga l’opportunità di promuoverlo. Ed ora è pronto a farlo.

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