Beautiful Chronicles

L’Immigrazione di pace: Felix Adado coltiva il sogno che l’Africa non ha bruciato[VIDEO]

Ora che, nonostante l’essere stato ridotto in fin di vita più volte dal padre, nell’indifferenza della gente che assisteva, nell’assenza di una madre spesso in fuga per proteggere se stessa che continuava soltanto a ripetere a lui e i suoi fratelli – «Diventerete grandi e vi salverete!» – ha conquistato la sua pace interiore, la forza del perdono e riesce a dire: la violenza, purtroppo, non è figlia della lucidità; oggi che l’ho capito voglio subito chiarire che sono innamorato dei miei genitori.

Sua madre è ancora viva. L’ultima volta che ha visto il padre, prima che morisse, era il 2014. Era in Togo, dove torna spesso, quella volta per consegnare delle biciclette proprio agli alunni indigenti della scuola del padre.

Loro due hanno sempre accuratamente evitato di incontrarsi, ma quel giorno, prima dell’alba – come da tradizione africana è quello il momento in cui si fanno i discorsi più importanti – il padre andò addirittura a svegliarlo per riconoscergli la grandezza della persona che era diventato. Quella grandezza che prima di allora gli era stata riconosciuta solo dai suoi avi nei riti Vudù di iniziazione ai quali era stato sottoposto dalla famiglia materna e da quella paterna. Da quel cieco nonno Koba che lo ribattezzò “anima potente”, destinata ad un futuro incredibile.

Felix Adado con sua moglie Stefania e i loro figli Odette, Salvatore e Noa

Il padre lo aveva svegliato per salutarlo convinto com’era che non si sarebbero più visti (e così è stato!). Per chiedergli, a suo modo, perdono. Per consentirgli – inconsapevolmente – di essere un padre migliore: quel gesto mi ha insegnato che devo fare del mio meglio per i miei figli perchè conservino un bel ricordo di me.

Sì perchè, come ha detto, oggi Adado ama suo padre, ma di lui non conserva nei suoi confronti che brutti ricordi, perchè troppo è stato il dolore che gli ha impedito di vedere seppur in pochi lampi di luce la grandezza che riuscivano a vedere altri.

La sua storia personale è diventata il paradigma applicabile alla storia di ognuno, a prescindere dall’angolo di mondo nel quale viviamo o dal quale proveniamo, o dal tipo di dolore che ci portiamo dentro. Felix Adado è un immigrato che ha capito che il “problema” non è l’ immigrazione in sé, ma la riconciliazione che fondamentalmente manca. Quella che consente di disegnare nuovi confini, riconoscere e rispettare le differenze, condividere i punti d’incontro.

Felix Adado non a caso paragona la convivenza tra i popoli come a quella degli organi interni di ogni individuo: anche essi vivono in equilibrio nel loro funzionamento ed è quando l’equilibrio si rompe che spesso ci ricordiamo della loro presenza, ma se ce ne prendessimo cura prima, prima che siano doloranti, tutto funzionarebbe al meglio.

Per Felix Adado non è più procastinabile l’idea di avere cura di se stessi e degli altri – in questa vita nessuno si salva da solo.

Felix Adado e sua moglie Stefania Dell’Anno

I bambini sbagliano, come i popoli, ma se si coinvolge l’odio nel tentativo di corregerli si apre una crepa difficilmente sanabile – continua Felix Adado raccontando il parallelismo che lo consegna alla consapevolezza di voler lastricare il suo cammino come “fattore della pace”.

D’altro canto Felix era un bambino che scriveva lettere d’amore per conto dei suoi amici, che accompagnava anche ai primi appuntamenti; Felix è sempre stato, innanzitutto innamorato dell’amore, per poi tradurlo in un concetto di sentimento universale e nel concreto in un rapporto a due con la sua Alba Salutare ( sua moglie Stefania, con la quale ha avuto tre figli). Felix era quel bambino che diceva alla madre che lui da grande avrebbe usato un telefono senza più fili.

Chiudendo il cerchio col passato, Felix sembra voler dire di aver trovato la forza di tenere con sè solo questo – l’amore e l’immaginazioneche hanno salvato lui e con i quali vuole salvare il mondo.

E se una terra come l’Africa calda da rendere cenere anche i sogni non ha spento i suoi, c’è da credere che l’ “immigrato in viaggio per la pace” costruirà un cammino lungo davanti a sé…d’altra parte è già arrivato ad usare il telefono senza fili.

Felix Adado per NarrAnto.

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