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Rime in tempi bellici, Roberto Costantini: fare poesia é cambiare forma al mondo [VIDEO]

“La poesia deve far parte della nostra vita senza un perchè”. Ma quale definizione può rispondere, nella contemporaneità, alla poesia? E che ruolo occupa nelle attuali dinamiche sociali e culturali? Che senso ha, oggi, la poesia? La scelta dei versi, talvolta tralasciando gli schemi metrici tradizionali, per esprimere ed esprimersi è ancora tra le dominanti nel mezzo delle dinamiche letterarie. Eppure, nell’immaginario collettivo, alle volte rimane qualcosa di apparentemente siderale, lontano, non troppo accessibile.

L’idea, però, è che chi intende approcciare alla lettura della poesia debba assolutamente abbandonare la lente del pregiudizio ed essere onestamente disposto ad accettare che la poesia può essere ed è tutt’altro che fronzoli, aulicità, ma diversamente può contenere la realtà e trascenderla in modo assolutamente preciso e coerente.

“Se si continua a fare poesia” – ci spiega ad esempio, dandoci il suo punto di vista, il poeta Roberto Costantini, a cui appartiene anche l’affermazione d’apertura – “se si continua a cercare parole per raccontare qualcosa e qualcosa d’altro rispetto all’oggetto, è perchè tutti noi abbiamo bisogno di un esercizio che consiste nel sentire ciò che ci prescinde che non debba essere per forza nominato col nome di dio, ma che comunque sia sacro. La poesia è ciò che più attiene al sacro. Lo è da sempre. Appartiene al nostro linguaggio e lo salva dal baratro della banalità”.

“La poesia come esercizio di stile non esiste più: abbiamo abbandonato la metrica, abbiamo abbandonato tanta retorica e tanti accorgimenti; oggi si fa poesia per la stessa urgenza che hanno avuto tanti scrittori anche di prosa e narrativa; tanti artisti che hanno dipinto quadri, registi che hanno girato film o fotagrafi che hanno scattato. C’è un urgenza di fondo che incontra l’idea di capire che si può ancora comunicare”.

Un lettore esercita la sua scelta di essere tale ma la dignità di narratore deve comunque uscirne intatta. Chi racconta deve essere credibile e sospendere il giudizio, o meglio ancora il pre-giudizio; d’altro canto l’arte stessa può essere intesa come “convenzione”, ci sono linguaggi mediati o immediati.

Costantini, ad esempio, sottolinea: “Anche la poesia è in-credibile, in quanto arte composta – scritta anche di getto – ma comunque nella convenzione del linguaggio”.

Ma come fa un poeta, oggi, ad investire sulla sua “credibilità”? Quando i rumori delle bombe, la chiacchiera sibilante sono più forti di altri echi, come il poeta può osare chiedere attenzione? Un modo c’è secondo il poeta Costantini ed è la “condivisione”.

Sento affine a ciò che scrivo la nozione di esperienza: dare un messaggio significa vestirsi di autorità, ma siccome non sono nessuno io preferisco condividere la mia esperienza con chi sceglie di leggermi”.

E continua: “La poesia è sempre è stata e sempre sarà egocentrica; è per certi versi un’opera di glorificazione dell’ego, ma diverso è il sostrato di provenienza: se si riesce a metabolizzare il quotidiano e farlo diventare arte è poesia, ma se ci si pone come messaggero per il mondo, diventa una fragilità dell’ego che si prova a sanare in questo modo”.

“Fare poesia in questo modo, significa – essenzialmente – cambiare forma al mondo: la scrittura è un miracolo, è un travaso di idee da un’epoca all’altra, da una persona all’altra”.

In seno a questa riflessione “facciamo poesia da quando siamo nati” secondo Roberto Costantini, “perchè l’uomo ha dignità di poeta. Esistono gradi diversi di raffinazione, è stata molto cesellata, però oggi chi si pone nei confronti della poesia è importante perchè senza poesia non si sta bene”.

Foto di copertina di Emy Mei.

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