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“Immigrato espiatorio”: la Terra si muove, la gente si muove, il futuro si deve muovere

“Milioni di persone sono oggi spinte ai margini del sistema sociale mentre, paradossalmente, le si accusa di non volersi integrare. Il danno e la beffa”. Queste sono le parole con cui l’autore Paolo Naso, raffigura l’animo del suo piccolo volume dal titolo “Immigrato espiatorio”. E’ così che inaugura un intenso discorso sulla naturalità del fenomeno migratorio, sulla genuinità del sostantivo “diversus” nell’accezione, dall’etimologia latina di “voltato”, di altro e non di “contrapposto”.

Non si tratta di un romanzo, ma una storia c’è, anzi ce ne sono tante di storie e, a ben vedere, c’è forse la storia delle storie, quella dell’uomo. Quell’uomo che ha sempre viaggiato, che ha sempre deciso di spostarsi, intraprendendo nuovi progetti, per migliorare la propria condizione. L’uomo che da sempre, anche la letteratura, dipinge in cerca della sua “fortuna”, del suo destino. Lo ha fatto l’uomo preistorico per “semplice” sostentamento e, da quando il mondo è mondo, lo hanno fatto tutti coloro che hanno imbracciato la speranza di un nuovo disegno, in qualsiasi sfumatura o declinazione se ne siano presentati poi i risvolti.

Così su di un pianeta che col suo moto di rotazione gira su se stesso e con quello di rivoluzione, attorno al sole, girano da mattina a sera persone che da costa a costa, oltrepassando confini, passano dall’essere emigrati ed immigrati. E proprio l’Italia non è estranea a questi impulsi, anzi! Il Prof. Naso ci riporta bene alla mente come gli italiani siano stati da sempre un popolo dinamico: prima dell’Unità d’Italia, poi con l’idustrializzazione del Nord gli spostamenti continui dal Sud agreste e rurale, poi il mito americano, poi il boom economico, fino a ad arrivare ai “lavori rifiutati” che hanno permesso a tanti immigrati di raggiungere le coste italiane ed inserirsi in un tessuto sociale in cui sono entrati complementalmente e non competitivamente.

Antonia De Francesco con “Immigrato espiatorio”

“Immigrato ispitatorio” è una lettura utile a capire che “bisogna accettare e convivere con tutte le differenze, e questo rappresenta non un limite, bensì la vera ricchezza del nostro mondo”. Che il “movimento del mondo” è qualcosa di talmente atavico e spontaneo che non dovrebbe neanche essere considerata una questione di cui dibattere. Lo è diventata tale, nell’assurdità di taluni che credono che si possa bellamente affermare un principio di “lotta all’immigrazione”, che trova la sua massima espressione nei paradossi della politica italiana. Lo diventa quando davanti allo smarrimento di chi percorre, anche a piedi scalzi, la sua vita, rimaniamo altrettando disorientati, forse addirittura spaventati. Probabilmente perchè ci siamo disabituati all’eterogeneità, disamorati alla curiosità e alla fiducia nell’altro, in quel genere umano di cui comunque siamo parte integrante.

Così lontani dalle nostre tradizioni e dalla nostra cultura, le reclamiamo come se a farcele smarrire fossero quelle “contaminazioni” di cui invece sono storicamente somma. Opponiamo la necessità di rivederle a galla solo per la presunzione di non ammettere tante e grandi altre problematiche. Siamo al “capro espiatorio”, siamo ad un “Benjamin Malaussène di professione” incarnato però da un intero fenomeno, che è alla luce della sua natura è “innocente”.

Un mondo non può essere né fermato, né etichettato: può essere dominato solo da una buona politica d’integrazione, che a sua volta può essere figlia solo di una buona consapevolezza, cultura, che certi “problemi” non li definirebbe mai come tali.

“Immigrato espiatorio” è una lettura breve, ma importante. Poche pagine che lasciano un messaggio, a mio avviso, insindacabile. “Noi non disponiamo di tutte le tessere del mosaico identitario: e questa indeterminatezza a cui contribuisce anche l’immigrazione può evidentemente risultare tanto faticosa quanto creativa. Ma costituisce uno dei tratti propri e ineludibili del mondo globalizzato”.

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