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“Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam”, i più piccoli al centro a partire da lì

I bambini sono protagonisti qutodiani di fatti e fattacci nel mondo. Diventa sempre più impellente non rilegarli sullo scenario o a margine di eventi il cui impatto sulla loro evoluzione può essere dirompente; è bene cominciare a considerarli come protagonisti del loro tempo d’infanti e degli spazi delle relazioni che costruiscono con gli adulti di cui non si limitano a subire l’azione, ma con i quali interagiscono partendo dalle loro conoscenze e consapevolezze. In questo percorso si colloca il testo, frutto di una ricerca sul campo effettuata dall’autore, “Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam”di Giulio Chinappi (Printed in Poland by Amazon Fulfillment).

L’interessante ricerca si propone l’obiettivo di ripercorrere la storia dell’educazione in Vietnam, passando per diverse epoche storiche e analizzandone i cambinamenti nella concezione del bambino, soprattutto alla luce degli studi nell’ambito delle scienze sociali. Lo studio sul campo reso possibile grazie alle esperienze di insegnamento della lingua inglese dell’autore Chinappi in Vietnam nelle città di Tuy Hoa e di Ho Chi Minh City, gli hanno permesso di raccontare le storie di Pong e di Nam, la loro educazione “formale”, “informale” e “non formale”, nonché la loro socializzazione, con un approccio “Child Oriented”, che tende, ovvero, a mettere al centro il punto di vista del bambino.

Una città di periferia la prima e una sorta di metropoli, la seconda; due famiglie piuttosto parallele in quanto a possibilità economiche e due bambini diversi nel loro modo di considerare lo studio, da cui passa la vera e probabilmente unica possibilità di riscatto per chiunque voglia migliorare la propria condizione sociale in quel Paese. Per l’ “agiato” Nam è un dovere da assolvere, per Pong il piacere di avere una possibilità nella vita che i genitori sudano a caro prezzo e nella quale riuscire significa proprio, prima di tutto, esibire riconoscenza nei loro confronti.

Molti di voi si staranno, giustamente, chiedendo perchè approcciare ad una lettura sociologica/antropologica infantile proprio con un testo che fa riferimento al Vietnam, una terra così lontana, così apparentemente diversa dalla nostra. Innanzitutto, proprio quest’ultimo aspetto dovrebbe essere stimolante; i bambini sono bambini in ogni parte del mondo ed il contesto influenza, logicamente, la loro evoluzione, dunque la domanda è perchè non partire da quest’esperienza descritta legata al Vietnam e poi continuare approfondendo altri angoli di Terra.

C’è poi un altro valore aggiunto l’esperienza politica di un Paese che ha puntato tutto sul recupero dell’analfabetismo, con un implemento costante legato alla scuola e al processo educativo, che oggi lo rende, anche dal punto di vista culturale, l’orizzonte più importante rispetto ai più piccoli della famiglia. Poi c’è il loro tempo nelle sale-videogiochi, il loro senso di responsabilità ed indipendenza, la capacità di condivisione, anche economica, la solidarietà che li unisce.

Sembrerebbe un testo per i cosiddetti “addetti ai lavori”, vale a dire insegnanti, pedagogi, educatori, sociologi, antropologi, e quant’altro, ma se oggi ne parlo è perchè non rappresenta un’esclusiva in tal senso, anzi. Il modo in cui è scritto il testo e la volontà he trapela di sospingere un’evoluzione della riflessione concreta sui bambini e la loro crescita è un principio così nobile che merita di passare anche attraverso queste interessanti pagine.

“Non bisogna mai dimenticare che tutti gli adulti sono stati dei bamnbini, e che quello che fanno quando sono adulti trova presso la sua origine proprio nelle esperienze che hanno vissuto quando erano bambini”.

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