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La sorprendente e celbre Mata Hari : Paulo Coelho “La Spia” per noi

La spia non è solo il titolo dell’ultima fatica letteraria di Paulo Coelho, ma probabilmente è anche la definizione, decisamente insolita e metaforica, che indicherebbe al meglio l’atteggiamento dello scrittore brasiliano nei confronti della sorprendente protagonista delle sue pagine: Mata Hari. La spia in quello che è il suo profilo di donna più celato, ne scova la sensibiltià di madre tra le emozioni più nascoste, ne desecreta l’intimità più vera quella che va oltre ogni lenzuolo o letto che ha macchiato della sua voglia di libertà e realizzazione, ad una disperata ricerca di se stessa, come donna. Per questo la spia non è solo Mata Hari, così come alla storia è stata consegnata ancora giovane, ma è anche ciò che fa Coelho che la ripensa infilandosi nelle sue corde più profonde.

Pertanto la mette ad un tavolino, la sera prima d’essere giustiziata, e le fa scrivere una lunga lettera a metà tra le verità storiche, pressocchè accertate, che la riguardano ed una serie di origami immaginari in merito ai dietro le quinte di ogni sua scelta, viaggio, relazione o esibizione. Lasciando che tutto abbia inizio dalla sua morte, anzi dal suo essere giustiziata, Coelho rimbalza subito indietro nel tempo e va a prendere per mano Margaretha Geertruida Zelle.

Le fa subire lo stupro adolescenziale, la fa sposare e diventare madre. Le fa provare il grande dolore contronatura della morte di un figlio e, poi, la fa rinascere al mondo come Mata Hari per gli altri, con le pseudo danze orientali, nella quale immerge in realtà la sensualità di un elegante spogliarello che la consacra agli applausi di uomini e donne di alto rango sociale, mentre per lui rimane sempre Margaretha: è lei che continua “ a spiare”.

La Mata Hari di Coelho si spoglia davanti alla platea come davanti al suo scrittore, perchè infondo è a nudo che presuppone di metterla per i lettori. D’altro canto, l’autore è il medesimo de Il manoscritto ritrovato ad Accra, in cui scrive: Le persone perfette non bevono, non mentono, non tradiscono, non litigano, non si lamentano e non esistono. In chi, più di lui, partendo da tali presupposti, poteva nascere il desiderio di “riscattarla”, “ripulirla”, “spiarla” in ciò che mai aveva donato oltre il sipario, “spiarla” nella sua unica colpa: essere una donna libera.

Antonia De Francesco con “La Spia”

Le donne dello scrittore vivente più tradotto al mondo ( circa 80 lingue), rispondono sempre a profili di grande fascino e bellezza, sono protagoniste di storie controverse ma straordinariamente libere. In tutta la sua favolosa produzione Coelho traccia una linea impalpabile, ma visibile tra queste figure dirompenti che spesso sfidano conformismi, uomini, epoche, scelgono l’indipendenza e abbracciano il femminismo puro, quello inteso come rinvendicazione e autodeterminazione. Donne in grado di accettare, come Mata Hari, che amore e potere , a volte sono la stessa cosa.

Così Mata Hari si accoda, in ordine sparso, a Maria di Undici Minuti, a Veronika di Veronika decide di morire, a Linda di Adulterio, a Brida O’Fern di Brida, alla giovane violinista Hilal di Aleph, allo spirito femminile dello Zahir, Pilar ed il suo sogno d’amore di Sulle sponde del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto, la misteriosa Athena di La strega di Portobello, la ex-moglie Ewa di Il vincitore è solo, la giovane Chantal di Il diavolo e la signorina Prym, o ancora le donne guerriere in sella alla moto di Le Valchirie.

A fare il resto c’è la solita magia che pare permeare il testo di un’armonia favolosa, fuori dall’ordinario, che ti incastra, come suo solito, rendendoti difficile smettere di leggere, come se fossi stregato, o quanto meno ammaliato. Emerge rigo dopo rigo eufonia di vibrazioni frutto della quiete di percorsi come quello de L’Alchimista e tanti altri.

La spia si mette in viaggio, lì dove si incamminano tutti i personaggi di Coelho alla ricerca della meta in cui affondano le risposte più complete e d’ispirazione su quelle verità “esistenziali” che squarciano, del tutto o in parte, quel “velo di Maya” di schopenhaueriana memoria, in cui le vite di tutti sono fondamentalmente avvolte, passando dal fenomeno al noumeno.

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